27 aprile 2025 – II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO C) - Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi

Quello dei discepoli di Gesù è un gruppo decisamente variegato. Comprende gente che proviene da regioni e tradizioni diverse, con idee differenti sul rapporto tra religione e politica, sulle relazioni con i Romani che occupano la loro terra, sul modo in cui il Messia avrebbe dovuto comportarsi. C’è chi arriva da lavori faticosi, come i pescatori, chi invece da mestieri molto discussi, il pubblicano (che raccoglieva le tasse per l’Impero). C’è chi ha nomi di antica tradizione ebraica, chi invece echeggia contaminazioni con la cultura greca. A questi si aggiungono anche i soprannomi, che raccontano qualche retroscena caratteriale. Per non parlare, poi, della differenza di età, sulla quale non abbiamo dettagli precisi, ma che intuiamo qua e là. Insomma, ce n’è davvero di tutti i colori. Ma il gruppo è unito dalla fede nel medesimo Dio dei padri e dalle speranze riposte nel Messia promesso, insieme alla relazione con Gesù, che li ha chiamati e che essi hanno scelto di seguire: è lui il vero collante.

Paolo morando detto il cavazzola, incredulità di s. tommaso, da s. chiara a verona, 01Paolo Morando, Incredulità di san Tommaso, Museo di Castelvecchio a Verona.

E se qualche crepa nel gruppo era venuta alla luce già durante il loro camminare insieme a Cristo lungo le strade della Terra Santa, ecco che le difficoltà emergono con decisione dopo la Croce. Questo perché Gesù è venuto a mancare. O meglio, lui c’è in quanto Risorto, ma i tempi del credere non sono uguali per tutti. La sera di Pasqua, quando Cristo appare ai discepoli chiusi nel cenacolo, Tommaso «non era con loro». Se dunque per gli altri dieci Gesù è ormai il Risorto, per Tommaso è ancora un cadavere scomparso. Hai un bel pari a dirgli che, no, non è soltanto morto, ma ora è vivo e noi l’abbiamo visto: a Tommaso manca qualcosa di essenziale per poter sperare in una svolta del genere. Di fronte alla lentezza del suo cuore, sorge anche una domanda: la testimonianza degli altri sarà forse stata debole e poco convincente?

Tommaso è nostro patrono quando non abbiamo i riflessi pronti nella fede, quando siamo credenti con tempi diversi dagli altri e ci sembra di faticare a stare al passo con chi, invece, è carico di entusiasmo e fedeltà. Ma gli altri dieci discepoli sono nostri patroni quando non troviamo il modo di essere testimoni credibili e convincenti. Tutta la gamma di cristiani è rappresentata dal gruppo dei discepoli di Gesù: lì dentro troviamo di certo qualche patrono a cui affidarci nelle varie fasi della nostra vita da credenti. E allo stesso tempo scopriamo che, per quanto riguarda il fondamento della speranza, non dobbiamo inventarci nulla: quello c’è già, e si chiama Gesù Cristo, morto e risorto. Ciò su cui è chiamata ad ingegnarsi la nostra creatività è invece il modo di testimoniarlo, di rimandare tutti (compresi noi stessi) a lui. Perché tutti egli vuole recuperare, ed è al suo cospetto che, come per i dieci prima e per Tommaso poi, può avvenire la svolta.