13 aprile  2025 -Domenica delle Palme - Commento al Vangelo domenicale a cura di Don Stefano Ecobi

La Quaresima ci ha condotti per mano alle soglie della Settimana Santa, per accompagnarci dentro il mistero della Pasqua, in cui la speranza cristiana ha la sua origine e la sua ragion d’essere. Una domanda resta ancora da indagare, forse la più sostanziale: di che “materia” è fatta la speranza? Il racconto della Passione di Gesù, ascoltato in questa domenica delle Palme, ci offre la risposta.

Assisi frescoes entry into jerusalem pietro lorenzettiPietro Lorenzetti, Ingresso di Cristo a Gerusalemme, Basilica di S. Francesco di Assisi

 

Ci racconta che la speranza, come virtù cristiana, è fatta di Croce. È fatta di sangue, chiodi e schegge di legno. Di un «tanto desiderato» pasto di festa in compagnia degli amici, e al contempo di incomprensioni e tradimenti. La speranza cristiana è fatta di una fiducia nell’uomo che va oltre ogni merito e di un’affidabilità divina incrollabile. Di preghiera intensa, turbamento e consegna totale alla volontà del Padre. È fatta di sguardi penetranti e pianti amari. La speranza è fatta di fatiche, umiliazioni, menzogne e condanne ingiuste. Di mani che si lavano, scaricando le responsabilità, e di mani che si caricano della salvezza di altri, o anche solo di un piccolo aiuto per un breve tratto di cammino in salita. È fatta di perdono gratuito e commoventi conversioni. Di tenebre, fiato sospeso e consegna di una vita intera. Del silenzio di tomba, rincorsa per un salto inimmaginabile: un finale aperto che si spalanca alla potenza della Vita.

Di tutto questo è fatta la speranza cristiana, perché la materia di cui è costituita la speranza è Gesù stesso, e tutto ciò che lui ha voluto raggiungere, toccare, vestire. Tutto questo, e molto di più, dunque, perché la vicenda di Gesù non si esaurisce nel conto di una trentina d’anni o poco più, ma si apre all’eternità, trascinando dentro anche noi, per sempre. Anche noi, infatti, se glielo permettiamo, veniamo trasformati in materia di speranza.

Così, nelle vicende di ogni giorno, siamo invitati a scoprire i segni disseminati dal Signore della vita, fiori che suggeriscono la promessa di frutti abbondanti. Piccoli, magari, e apparentemente incerti. Ma se sapremo coglierli, se ci verrà fatta questa grazia, allora arriverà a ruota anche un altro dono: la gioia. Scrive H. Nouwen: «la gioia è il frutto della speranza. Quando ho la profonda fiducia che Dio è veramente con me e mi tiene al sicuro in un abbraccio divino, guidando ognuno dei miei passi, posso liberarmi dall’ansioso bisogno di sapere come sarà domani, o quel che accadrà il prossimo mese, o l’anno prossimo. Posso essere pienamente dove sono e prestare attenzione ai tanti segni dell’amore di Dio in me e intorno a me». Tradotto: la speranza mi àncora in un futuro ripieno di senso che mi attrae, ma mi fa anche tenere i piedi, le mani e il cuore nel presente. Ed è nel presente (anche in un presente di croce) che, con la speranza accesa, posso cogliere i segni della provvidente vicinanza del Risorto. Se li colgo, sono nella gioia, abito la gioia. La gioia è casa mia.